La natura è un ottimo esempio di come nella vita le soluzioni semplici siano spesso da preferire a ciò che è complesso. In questo articolo scopriamo quindi perché la nostra mente preferisce sovente ciò che è complesso rispetto a ciò che è semplice.
Partiamo dalla natura
Samuel Williston era un paleontologo del 19esimo secolo e fu uno dei primi a notare con il passare dei secoli una costante riduzione nel numero di componenti del corpo degli animali. Gli animali primitivi avevano tantissime parti del corpo, spesso doppie o triple. Nel corso dell’evoluzione della specie vi sono stati animali con meno parti del corpo ma più utili, sviluppate ad hoc per determinati utilizzi. Sostanzialmente le parti del corpo doppie o triple si sono modificate nel tempo per essere utilizzate ad altri scopi oppure sono state eliminate.
L’evoluzione della specie ha seguito il percorso della semplificazione, è come se dicesse “togliete tutte le robe inutili di mezzo. Lasciate solo ciò che mi è utile per essere efficace.”
Perché ai giorni nostri la complessità attira più compratori? Oggi è più facile vendere una cosa complessa che una cosa semplice, soprattutto nel mondo della consulenza.
La nostra mente percepisce una cosa complessa come qualcosa di maggior valore, vediamo di seguito una serie di motivazioni di questa distorsione mentale.
-
La semplicità ci sembra come una camminata facile. La complessità ci sembra come fare Crossfit.
La nostra mente ragiona così: se non faccio fatica allora non mi sto allenando abbastanza. Ecco che la semplicità viene considerata dal nostro cervello come qualcosa di non allenante e quindi di poco utile. Fare fatica viene associata con il progresso. Le cose semplici vengono percepite dalla nostra mente come non allenanti.
-
La lunghezza è di solito l’unica testimonianza di impegno e conoscenza dell’argomento.
Quante volte vi è capitato di leggere un libro e, una volta giunti alla fine, rendervi conto che nei primi due o tre capitoli avevate già compreso il messaggio che l’autore vi voleva trasmettere? Perché allora l’autore ha aggiunto i successivi numerosi capitoli? La nostra teoria è che l’autore, tramite la lunghezza del libro, voglia dimostrare al lettore la sua profonda e completa conoscenza della materia trattata. Ciò non vuol dire che il suo punto di vista sia corretto, tutti i successivi capitoli servono a dimostrare al lettore che l’autore ha fatto molte ricerche e quindi quello che spiega nei primi due o tre capitoli sia degno di considerazione.
Volete un esempio di un libro fondamentale per l’Italia, che veicola messaggi importanti, ma al contempo ha una durata relativamente contenuta?
La costituzione italiana è lunga 9369 parole. Un libro in media, diciamo di circa 250 pagina, ha circa 65.000 parole!
-
Ciò che non capisci aiuta a disegnare un’aurea di mistico in chi invece la capisce.
Se mi spieghi una cosa che non conosco e la capisco ti considero intelligente. Se non la capisco sono portato a pensare che tu abbia una capacità di ragionare su un determinato argomento che io non ho, si tratta quindi di un livello di ammirazione nettamente superiore al precedente. Quando tu capisci cose che io non riesco a capire per me è difficile giudicare la tua conoscenza dell’argomento e ciò mi porta a essere più incline a considerare quello che dici come vero.
-
La complessità ci da una sensazione di pieno controllo, mentre la semplicità a volte può essere difficile da distinguere rispetto alla non conoscenza.
In molti campi la maggior parte dei risultati è dovuta a una limitata numerosità di fattori. È la famosa regola di Pareto. Considerare solo poche variabili però, ci mette il dubbio di tralasciare qualcosa. Considerare molti aspetti di un problema invece ci da la percezione di maggior controllo, anche solo per il fatto che pensiamo di conoscere meglio l’argomento.
Dall’altra parte se consideriamo un numero limitato di variabili tralasciando le altre, possiamo passare da ignoranti.
Per le ragioni dal punto 1 al 4 la nostra mente tende ad assegnare maggior valore ad una cosa complessa rispetto ad una cosa semplice. Tutto questo impatta notevolmente nel mondo degli investimenti, infatti le “fabbriche prodotto” giocano anche su questa falsa percezione di valore, creando spesso prodotti finanziari inutilmente complicati (l’utilità in realtà c’è, spesso serve a nascondere inutili costi!). Anche le scelte di portafoglio dell’investitore vengono influenzate dalla preferenza per la complessità. Si tende a creare nel tempo portafogli investimenti complessi, composti da decine di strumenti spesso simili tra loro, senza una reale motivazione. Anzi spesso l’investitore non si ricorda nemmeno perché ha scelto certi strumenti.
La nostra mente ha quindi una naturale preferenza per le cose complesse. Attenzione: Le cose complesse si vendono meglio, fate quindi molta attenzione quando vi propongono qualcosa di complesso e ve lo spiegano con termini difficili, con l’intento di farvelo capire ancora meno…
Se volete capire meglio l’ultima proposta della vostra banca o del vostro consulente bancario contattateci!
“Da complesso a semplice” si ispira a quanto scritto da Morgan Housel in questo blog.